Avere un motivo valido per fare una cosa è fondamentale in ogni aspetto della nostra vita. Lo abbiamo sperimentato più volte: quando siamo fortemente motivati e carichi, nulla (o quasi) ci ferma dal perseguire e ottenere il nostro obiettivo. Abbiamo le idee chiare e questo comporta anche l’attivazione di energia che convogliamo in una determinata direzione. Il modo poi lo troviamo strada facendo. Scopriamo insieme come allenare la motivazione nella vita e nello sport.
“Volli, e volli sempre, e fortissimamente volli”.
Alfieri
Sembra semplice. Ma può davvero bastare un obiettivo chiaro per ottenere quello che desideriamo?
Ogni volta che decidiamo di intraprendere un’attività, così come quando decidiamo di interromperla, abbiamo sempre un motivo, che può essere più o meno consapevole e che alimenta il nostro comportamento. È evidente che la motivazione è un fattore prettamente psicologico, che ha una corrispondenza sia con il riuscire a svolgere con continuità un’attività, sia con la probabilità che questa ci porti dei vantaggi visibili e concreti.
COS’E’ LA MOTIVAZIONE
La motivazione è il motore che muove ogni essere vivente alla soddisfazione di un dato bisogno e da cui trarre una gratificazione personale.
La motivazione nasce dalla percezione di uno squilibrio tra la situazione attuale e una situazione futura desiderata. Il bisogno è quindi uno stato di insoddisfazione che spinge l’uomo a procurarsi i mezzi necessari per riuscire a realizzarlo. Dal bisogno nasce l’obiettivo. Se non abbiamo un bisogno, non abbiamo né un obiettivo né una motivazione all’azione.
L’IMPORTANZA DEL PERCHE’
Tante persone non sono motivate a causa del fatto che non hanno un PERCHE’ in linea con quello che sono loro. Mancare di motivazione è come andare avanti per inerzia, alla fine l’energia finisce e ci ritroviamo fermi. Occorre mantenersi in movimento verso la direzione del proprio obiettivo per poterlo raggiungere. Ed è per questo che dobbiamo mettere a fuoco il nostro BISOGNO, il PERCHE’, il motivo per cui vogliamo fare quello che vogliamo fare.
Quindi la domanda è: PERCHE’? PERCHE’ vuoi fare quello che vuoi fare?
SUCCESSO E FALLIMENTO
In un famoso modello psicologico (Murray, McClelland e Atkinson), sono stati individuati due leve fondamentali della motivazione:
- AVERE SUCCESSO
- EVITARE IL FALLIMENTO
Queste due leve sono correlate tra loro, poiché una forte spinta alla riuscita (successo) tende ad inibire la paura del fallimento (insuccesso), e la paura del fallimento può bloccare azioni dirette al conseguimento del successo. Questa visione introduce altre due variabili, che incidono sulla forza delle spinte:
- Probabilità percepita di successo
- Valore di incentivo di successo
Il risultato finale è determinato dalla combinazione di questi quattro elementi.
Viene da chiedersi: “Quante volte mi sono sentito capace di raggiungere un qualunque obiettivo con l’impegno necessario, e quante volte ha vinto la paura di fallire e di essere giudicato?” Le volte che ci siamo sentiti nella seconda condizione è utile tenere presente che nella vita “non provare” e “non mettersi in gioco” per paura di fallire, alimenta un circolo vizioso per cui non si fa nulla proprio per evitare di sbagliare, ma così facendo aumenta la percezione di essere incapaci e di essere considerati dagli altri come persone di scarsa volontà e valore, con conseguente riduzione del livello di autostima.
ALLENARE LA MOTIVAZIONE PER MANTENERLA ALTA
La motivazione svolge un ruolo fondamentale in qualsiasi attività. Essere motivati significa possedere un atteggiamento psicologico positivo e utile nel raggiungimento dei risultati prefissati.
Lo vediamo bene nello sport: un bravo allenatore sportivo sa che deve lavorare sia sulla preparazione atletica che sulla motivazione degli atleti. Per questo, utilizzerà soprattutto dei rinforzi interni alla pratica sportiva quali feedback (dando un riscontro sull’attività svolta) che aumentino il senso di soddisfazione personale su capacità, dedizione, impegno. Utilizzerà in misura minore i rinforzi esterni, spesso riduttivi e fonte di pressioni interne (premi materiali, riconoscimenti per i risultati). Spostare l’attenzione solo su fattori esterni infatti pone l’attenzione sulla prestazione fisica e non stimola appieno la gratificazione di chi la compie.
Stabilire degli obiettivi di difficoltà crescente è poi un altro fattore importante per stimolare la motivazione. Mete facilmente raggiungibili provocano a lungo andare monotonia e noia. Lavorare su obiettivi definiti e accettati contribuisce invece al miglioramento dell’atmosfera generale dell’allenamento, aumenta l’autonomia e la responsibilità dell’atleta, afferma la leadership dell’allenatore percepita così come più funzionale e credibile. È importante anche sfidare i limiti delle proprie capacità: la motivazione si alimenta di vittorie ma anche di sconfitte, da cui trarre nuovi input a fare meglio.
L’obiettivo è quello di mantenere l’equilibrio tra motivazione-prestazione affinché corpo e mente procedano in sincronia verso il miglioramento di se stessi.
ALLENARE LA MOTIVAZIONE
Come fare allora per allenare la motivazione e fare in modo che questa aumenti?
Come prima cosa occorre comprendere le motivazioni che spingono a partecipare o non partecipare all’attività sportiva, tenendo presente non solo i fattori interni alla persona ma anche quelli esterni.
FATTORI INTERNI. È importante conoscere gli stili attributivi di uno sportivo, ovvero il modo in cui “si spiega” il proprio successo e il fallimento. In particolare in riferimento alla stabilità delle cause (la situazione è dovuta a fattori stabili e permanenti o instabili e fluttuanti), al locus (fattore interno alla persona o esterno/situazionale) e alla controllabilità (le cause possono essere gestibili dal soggetto o incontrollabili). Le attribuzioni si legano alla motivazione in quanto capaci di influenzare le aspettative future e gli aspetti emotivi della persona. Un atleta che spiega il suo fallimento come dovuto ad una sua mancanza di capacità (“sono scarso”, “ho poca energia”), a suo parere non migliorabile tramite l’allenamento e l’impegno, non sarà motivato a proseguire nella pratica sportiva. Per contro, uno sportivo che vede una sconfitta causata da una momentanea distrazione, da scarsi allenamenti o da fattori ambientali ostili, sarà portato ad impegnarsi in vista dei successivi incontri o semplicemente accetterà il fatto che non c’erano le condizioni giuste in quella specifica situazione.
FATTORI ESTERNI. Una volta identificato il problema, si può passare ad una modificazione dell’ambiente di allenamento: variazione di orario, del tempo e della durata, inserimento di nuovi esercizi, creazione di momenti di collaborazione e di lavoro di gruppo.
IL CLIMA MOTIVAZIONALE
Atteggiamenti, comportamenti, aspettative, riconoscimenti, modalità di valutazione di allenatori e compagni trasmettono obiettivi e valori di matrice diversa. Un clima motivazionale basato sulla COMPETENZA ha come focus:
- il miglioramento personale e l’acquisizione di abilità
- la competizione
- il riconoscimento delle prestazioni
- la valorizzazione della collaborazione.
Le domande di chi valorizza la competenza sono del tipo: “ti sei divertito? Hai fatto del tuo meglio?”. Un clima motivazionale basato sul RISULTATO ha invece come focus:
- la competizione
- il riconoscimento delle prestazioni assolute, rimprovero per errori
- la valorizzazione dei più abili (> attenzione), confronto interpersonale e competizione interna (Ames, 1995).
Le domande tipiche di chi persegue il risultato sono: “che tempo hai fatto? Hai gareggiato tra i primi?”
IL MODELLO TARGET
Un modello di riferimento per allenare la propria motivazione è rappresentato dall’acronimo “TARGET”, che lavora sulla motivazione intrinseca e orientata alla competenza (Treasure, 2001):
- T-Task (compito): stabilire compiti diversi o aspetti diversi di uno stesso compito svincola dal confronto sociale e orienta all’acquisizione di competenza personale.
- A–Authority (autorità): coinvolgere gli atleti nelle scelte del proprio allenamento o del risultato da conseguire.
- R–Recognition (riconoscimenti): esprimere apprezzamenti ed incoraggiamenti, rinforzare gli atteggiamenti e i comportamenti positivi, espressi in modo realistico e rivolti al singolo, per incrementare sentimenti di orgoglio e soddisfazione e non di confronto/ rivalità.
- G–Grouping (gruppi): utilizzare il lavoro di gruppo per favorire la collaborazione e la cooperazione. Creare gruppi eterogenei e con criteri flessibili, in modo che a seconda del compito richiesto i soggetti possano facilmente passare da un gruppo all’altro.
- E–Evalutation (valutazione): fornire indicazioni attraverso i feedback. Le valutazioni devono seguire dei criteri individuali, personalizzati per ciascun atleta, che tengano conto dei miglioramenti, della partecipazione e dell’impegno.
- T–Time (tempo): stabilire e considerare tempi diversi, personalizzati per ciascuna persona, sollecitare una gestione autonoma del tempo e delle attività, piuttosto che aderire rigidamente a programmi prestabiliti di marcia.
INTEGRARE MENTE E CORPO
Mente e corpo sono un’unica cosa. Lavorare su sull’uno o sull’altro porta sempre conseguenze dirette su entrambi. Training Autogeno, Rilassamento Progressivo di Jacobson, Mindfulness e tecniche di Visualizzazione, sono alcune attività che aiutano ad ottenere lo stato di rilassamento desiderato attenuando ansia e dolore ed incrementando concentrazione, migliorando così il gesto atletico e la resistenze allo sforzo.
INIZIARE AD ALLENARE LA MOTIVAZIONE
“Vuoi motivare te stesso? Smettila di cercare la motivazione: l’azione viene sempre prima della motivazione”.
Per quanto questa frase possa sembrare un controsenso, quando ti senti demotivato e hai le forze solo per alzarti dal letto, prova ad uscire per un istante da questa catalessi: prendi una decisione, decidi di agire. Fai ora, a dispetto del tuo stato d’animo o delle circostanze esterne.
La volontà è un muscolo: all’inizio sarai un po’ ingessato ma, minuto dopo minuto, sentirai aumentare la tua motivazione e, senza neanche accorgertene, avrai trasformato la tua giornata. La soluzione è iniziare a fare, mettendo in conto che non riuscire è una possibilità ma non l’unica.
Silvia Semprini – Psicoterapeuta e Mental Coach